sabato, ottobre 30, 2004

cambiamenti nel layout

Dimenticavo: grazie a Pelayo, che avendo un rapporto con l'HTML decisamente migliore del mio, si è fatto carico di apportare alcune migliorie al blog, alcune delle quali le potete vedere fin da ora.

Ma a chi importa dei palestinesi, davvero?

Ogni giorno, quasi ogni tg o talkshow politico mandano in onda servizi o discussioni, piu o meno colte, piu o meno di parte, sul problema israelo-palestinese. Ma tutte secondo me mancano il punto fondamentale.E' un fatto talmente elementare che ci si domanda come si siano fatte infinocchiare per anni non solo le opinioni pubbliche dei paesi arabi, che hanno poca scelta visti i media che si ritrovano, ma anche le nostre "colte" platee occidentali, che dovrebbero avere maggiore raziocinio.
Ossia: AI PAESI ARABI NON FREGA ASSOLUTAMENTE NIENTE DEI PALESTINESI E DELLA LORO CAUSA.
Sento gia le voci scandalizzate: "ma come, e il maggiore ostacolo alla pace", "focolaio di crisi", "conflitto irrisolto" e via cosi con le banalita da telegiornale delle 20. Certo, i paesi arabi, anche quelli "moderati", "amici" (e qui mi scappa una risata amara), fanno del conflitto in palestina il punto centrale di ogni discussione. Ma il punto sta proprio qui: avete mai riflettuto sul fatto che ai vari dittatorucoli e presidenti a vita della zona CONVIENE e tanto che ci sia il conflitto?Come potrebbero ritrovare una scusa tanto conveniente, una panacea per ogni male sociale, come questa?
Il popolo sta male? colpa di Israele e degli americani che lo supportano...
Non c'e liberta di stampa? e perche siamo in guerra...
La classe dirigente e corrotta? non e vero, sono i nostri difensori dai sionisti di america e europa...
e via cosi, accumulando balle su balle, e stratificando la menzogna in un dogma che ormai anche i piu moderati tra gli arabi accettano come se fosse la parola stessa del profeta: tutto il nostro male è colpa di Israele (e certo pure nostra di occidentali...).
Almeno fosse una cosa originale: anche questa l'abbiamo inventata noi europei, la cara vecchia tradizione (nota per i benpensanti: sono sarcastico..) del pogrom. Poi ci ha pensato Hitler a perfezionarla in modo definitivo...Qualcosa va male? Colpa degli Ebrei. Dagli all'ebreo!Che negli ultimi anni per estensione e diventato "colpa degli ebrei e dei loro amici occidentali".Fino alla sublime sintesi di Binladen:"crociati sionisti e cristiani". Meraviglioso.E giu bombe.
Mi spiego ora? Qui continuiamo a menare il can per l'aia con "la comunita internazionale", "ONU", "paesi arabi moderati" e altre espressioni vuote del genere. Personalmente, sono convinto che meno le nazioni occidentali si interessano della questione palestinese, meglio sara SIA per israeliani che per i palestinesi.
Ma dispiacera molto a tanti governi arabi "amici". Ergo, il pavido occidente nulla fara veramente.
O se la cavano da soli o niente.
Quel dommage...

[chiedo perdono per il tono da divulgatore, ma era un pezzo preparato per un forum e poi mai spedito. Pubblico per non sprecare del tutto i collegamenti neuronali che ho investito nello scriverlo. Enjoy.]

martedì, ottobre 26, 2004

i media e i pulmini della morte

Ancora una volta grazie a Il Foglio per essere l'unico a riportare certe notizie (link nel titolo).
Vengo così a sapere che in Algeria, dove non ci sono soldati americani a terrorizzare i poveri automobilisti e quindi a scatenare la furia omicida islamista (vedi il post sull'articolo della BBC), 16 (sedici!) ragazzi che andavano a vedere una partita in pulmino sono stati fermati, sgozzati e i loro corpi incendiati da un gruppo guerrigliero salafita. Questo solo perchè il gioco del calcio per i fondamentalisti islamici è immorale e peccaminoso (forse si eccitano anche a guardare le caviglie dei calciatori oltre che le donne senza burqa?).
Intra cetera, devo osservare che in Algeria la potenza straniera di riferimento è la "douce France", sempre splendente del suo manicheismo antiamericanista e filoterrorista. Peccato però, che poi i risultati non siano quelli sperati: vedi attentati a navi e personale francese, i giornalisti non ancora rilasciati, e il particolarino dei 150.000 morti del terrorismo in Algeria, su cui peraltro nessun pacifista nostrano si è mai degnato di dimostrare...
Questo mi porta a due considerazioni:
1) in politica estera la Francia non ne combina una giusta dalla battaglia di Jena, è inutile che i pacifinti odierni ce la menino col "modello francese"
2) se in Iraq è "resistenza", in Algeria cos'è? Contro quale invasore combattono, quali collaborazionisti puniscono uccidendo 16 ragazzi perchè vanno a vedere una partita?

Ma in fondo, la cosa più tragica è leggere notizie del genere e sapere già con certezza che nessuno di chi ancora si illude e gioca con la guerra contro la guerra, come se fosse una finanziaria qualunque, ne trarrà le dovute conclusioni...

lunedì, ottobre 25, 2004

Chiesa vs. religione

Volevo qui esporre una mia riflessione su un fatto che a me sembra ovvio ma non credo sia altrettanto per molti altri: la distinzione tra "corpus" di una religione, e la struttura del culto, ossia la religione come organizzazione sociale.Mi spiego: per quello che riguarda la chiesa, in questo forum e altrove si tirano spesso in ballo fatti come le crociate, l'inquisizione e via discorrendo. Questi fatti però non hanno nulla a che fare con il vangelo, men che meno con l'essenza del messaggio di cristo, ma sono nella loro totalità conseguenza della struttura sociale e politica che si è data la chiesa nel corso dei secoli. Non è scritto nel vangelo che Gerusalemme va riconquistata dai saraceni, che non si deve usare il preservativo o che Giordano Bruno va bruciato sul rogo. Per non parlare del fatto che la liturgia ecclesiastica è incredibilmente farcita di pratiche e consuetudini pagane e precristiane. Dico questo per evidenziare come quella che comunemente viene identificata come religione cristiana è invece una struttura sociale che è specchio della civiltà che l'ha originata, e dalla quale derivano molti dei suoi pregi, ma tutti i suoi difetti. Solo nel suo cuore (purtroppo) si ritrovano i precetti di cristo,pochi ed essenziali, circondati da questo apparato di tradizioni e rituali creati in seguito a partire dal concilio di Nicea e poi a seguire.Invece, nell'Islam, si può dire che in essenza i rituali SONO la religione. Questo perchè il Corano, che si vuole dettato direttamente da Allah, li enumera e li spiega in dettaglio. Il principale ostacolo alla modernizzazione dell'Islam a mio parere è proprio questo: io posso mangiare carne il venerdì e rimanere un buon cristiano, perchè quella che infrango è una tradizione della chiesa, non la parola di Cristo; se io musulmano mangio carne di maiale, quella che infrango è la parola di Dio. Mi sembra una differenza sostanziale. In pratica, quelle che sono le norme codificate di una società beduina del VII secolo diventano parola di Allah.Ergo, ogni relativizzazione del dogma diventa ipso facto peccato. E la non esistenza di autorità religiose universalmente riconosciute complica il problema. Quindi, certo che esistono musulmani con un approccio ragionato alla propria religiosità come alcuni miei amici. Ma io mi chiedo se una modernizzazione generalizzata, codificata, di una religione che si identifica così fortemente con le norme comportamentali che predica sia davvero possibile, malgrado sia l'unica possibilità per non arrivare davvero allo scontro di civiltà (quelle che si combattono ora sono solo scaramucce...).
Perchè, e parlo ai musulmani, le sure che incitano alla guerra all'infedele, alla sottomissione della donna etc. esistono davvero, inutile girarci intorno. E non credo che nemmeno la maggior parte di voi le vorrebbe applicate veramente. E allora? Cosa si fa? Perchè vi assicuro che ora il problema è "nostro", di noi tutti. Ma se si continua sulla strada dello scontro, diventerà soltanto "vostro", di voi musulmani. E non credo che sarà piacevole per nessuno arrivare a ciò.

[adattato da un mio post sul forum del corriere.it]

domenica, ottobre 24, 2004

Notizie dalla Liguria...

(vedi link nel titolo)

Non posso dire che non me lo aspettavo, ma è proprio vero che la mamma degli abbelinati è sempre incinta...

sabato, ottobre 23, 2004

pure la BBC...

Sarà un segno dei tempi, ma quando ci si mette pure la BBC a scrivere monnezza, uno non sa più a che santo votarsi.
Appena prima di scrivere questo, apro un articolo della BBC online a proposito dei diversi approcci delle truppe americane e britanniche in Iraq.
Non voglio dilungarmi, ma leggere un reporter di quello che vorrebbe essere il più autorevole organo di stampa al mondo (anche se, dopo gli scandali degli ultimi due anni, con molte incrinature...) che sostiene -letteralmente- che il fenomeno delle autobombe terroriste in Iraq è dovuto al fatto che i militari americani quando guidano gridano ai civili di spostarsi, beh, è sinceramente incredibile.
Ripeto: il terrorismo in Iraq esiste perchè gli americani gridano agli automobilisti iracheni di spostarsi quando passano. E tanto per confermare che non è una minchiata buttata lì per caso, il concetto viene ribadito alla fine dell'articolo con un arguto paragone tra le diverse caratterizzazioni psicologiche di Humvees e Land Rover.

Da domani, solo The Sun.

venerdì, ottobre 22, 2004

stupid white man, fatti da parte...

Non l'ho ancora visto, dato che deve ancora uscire in America, ma dalle recensioni e dagli estratti della trama, e dal fatto che gli autori sono gli stessi di South Park, mi sento di suggerire in anticipo "Team America".

http://teamamerica.com


Se pensate che sia insolito o inopportuno consigliare un film con pupazzetti animati, sboccato e irriverente in una discussione di politica mondiale, pensate al fatto che il manifesto elettorale attuale (subito adottato dagli antiamericani di casa nostra che poi chissà come mai scimmiottano sempre le tendenze di certa america...) del fronte Kerryan-pacifista è Fahrenheit 9/11...


mercoledì, ottobre 20, 2004

Alma mater? che vergogna...

Giovedì scorso un diplomatico Israeliano, di nome Shai Cohen, era stato invitato a tenere un seminario alla facoltà di scienze politiche della mia "alma mater", l'università di Pisa.
Soltanto che, al grido di "fascista, sionista, assassino" è stato costretto ad allontanarsi sotto minaccia, esplicita, per la sua incolumità fisica.
Nessuno del personale accademico ha pensato di chiamare la polizia, e solo dopo alcuni giorni sono state presentate le scuse ma, è il bello sta qui, NON è stata fissata nessuna data per un nuovo intervento. In parole povere: la violenza dei pochi rimane lo strumento più efficace, come diceva il vecchio Vladimir Ilich...
A coronare il tutto, nessuno dei giornali nazionali a parte il Giornale e il Foglio ritiene la notizia degna di menzione (tanto che io ne ho sentito parlare solo oggi in un forum).

Cosa posso dire? personalmente mi vergogno per l'università che è stata anche la mia (facoltà diversa, per fortuna!). E poi rifletto sull'indifferenza dei media e delle autorità: se fossero stati un gruppo di skinhead a cacciare lo STESSO diplomatico ebreo sarebbe venuto giù il mondo.

Siccome sono stati dei compagni pacifisti, allora va tutto bene...

Va tutto bene un c*#§o, excuse my french... quando mi sarò un po' calmato penserò alla possibilità di operazioni concrete per contrastare fenomeni come questo: se qualcuno ha suggerimenti, sono molto bene accetti.

lunedì, ottobre 18, 2004

oh baby baby it's a wild world...

Oggi spulciando vari articoli (questo in particolare era sul National Review, non proprio imparziale ma comunque autorevole) sono venuto a conoscenza di un paio di cosine.
Niente di incriminante, per carità: almeno oltre la sfera morale.
Il povero Cat Stevens (lo definisco così con una leggerissima nota di sarcasmo perchè oggetto della compassione dei media di mezzo mondo in occasione del suo "incidente" nei cieli americani, quando è stato rimandato indietro insieme all'aereo su cui viaggiava), bene, sembra che abbia espresso pubblicamente supporto per la fatwa iraniana sullo scrittore Salman Rushdie (tuttora in essere se non mi sbaglio), ma anche che abbia finanziato Hamas (lui dice "inconsapevolmente") e che per questo sia stato espulso da Israele nel 2000.
Mi sembravano cose interessanti da sapere.

domenica, ottobre 17, 2004

la democrazia alla guerra e il mito della convenzione di ginevra

Oggi il NYT pubblica un articolo in cui "ex-membri del personale del centro di detenzione di Guantanamo" denunciano gli abusi lì commessi sui prigionieri.
In primo luogo mi viene da notare il dubbio tempismo, a meno di 20 giorni dalle elezioni, ma il New York Times d'altronde è ben noto da che parte stia.
Detto questo, una lista degli "abusi" commessi sui prigionieri rivela che questi consistono nell'interferenza nel ciclo del sonno, nell'ascolto forzato di musica rap e heavy metal ("tra cui Eminem"-sic), e in variazioni della temperatura nelle zone di detenzione.
Ora, mi rendo conto che rischio di urtare la sensibilità di qualcuno, ma dopo aver letto mi chiedevo se fosse una burla o meno.
Rileggo e penso: uno dei principali giornali d'America, per di più basato a New York, sta montando un caso politico sul fatto che alcuni detenuti di Guantanamo (nota bene, solo 30 identificati come i più pericolosi) vengano forzati ad ascoltare Eminem. E io pirla che mi sono comprato il cd per 20 sacchi...
A parte gli scherzi, articoli come questo denunciano lo scollamento dalla realtà dei media liberal (nel senso anglosassone della parola), che evidentemente ritengono che combattenti ostili, catturati nel corso di operazioni militari, con armi in pugno e al servizio di un governo criminale e oscurantista complice di atti di mega-terrorismo nel mondo intero, debbano essere trattati non solo "bene", ma addirittura meglio di quanto facessero i loro stessi capi.
Qui non parliamo di ragazzotti del Bronx sorpresi a rubare autoradio, parliamo di guerriglieri agli ordini di un potentato terrorista che aveva instaurato la peggiore dittatura sulla faccia del pianeta (con la possibile eccezione del nostro "amico" Nordcoreano Kim Jong Il ocomediavolosichiama). Parliamo di gente che probabilmente è in possesso di informazioni su futuri atti terroristici. I principi sono principi, ma francamente ritengo la vita dei nostri soldati (e civili!) più importanti del confort acustico di un talebano!

A coloro che invocano la convenzione di Ginevra poi, mi premeva far notare due cosine semplici semplici:

1) la convenzione è valida solo per le ostilità tra stati firmatari

2) e più importante: la convenzione di Ginevra riguarda i diritti di SOLDATI IN UNIFORME. Il che per definizione esclude il terrorista talebano in abiti civili. Se non avete l'uniforme e venite catturati nel compimento di atti ostili o semplicemente in territorio nemico, allora siete spie: uguale zero diritti e fucilazione. Dura lex sed lex. Non so voi ma io preferirei ascoltare un po' di Eminem.

In verità mi rendo conto che il problema sia certamente più complesso e colmo di complicazioni etiche, e personalmente il solo pensare a simili (pur tutto sommato blandi) strumenti di costrizione in mano ai giudici italiani mi fa venire brividi di terrore. Ma rimane il fatto che le democrazie occidentali sono impegnate in una guerra diversa da tutte quelle che l'hanno preceduta, e ostinarsi ad utilizzare forme mentali e giuridiche nate in altre epoche e con altri nemici è inutile e dannoso.

Ci sono qui due esigenze in conflitto: il rispetto della nostra anima occidentale e liberale, e quindi del concetto di diritti civili e politici su cui si fonda; ma anche l'esigenza di non essere schiacciati dal nemico che ci assale, per non parlare poi del diritto delle singole vittime del terrorismo di non essere tali.
Guantanamo è evidentemente una soluzione meno che perfetta e per alcuni aspetti odiosa a un problema reale. Ma proprio perchè il problema è reale, chi critica dovrebbe avere la decenza di portare delle soluzioni in alternativa.
Il resto è demagogia.

giovedì, ottobre 14, 2004

Monty Python: think tank ante-litteram...

Scopiazzo un'idea che è venuta (in sospetta contemporaneità...) sia al NYT che al Foglio di questi giorni. Ossia, la rilettura sotto forma di esegesi della situazione geo-politica attuale di Brian di Nazareth (the life of Brian, in originale) del Monty Python. (trovate un link al copione originale nel titolo del post)
Non voglio riportare per intero ciò che dista solo un click di mouse, ricordo solo due scene: il tafferuglio tra i vari gruppi indipendentisti palestinesi (!), e il discorso contro i romani dei congiurati.
Enjoy.
And always look on the brighter side of life!

si stava meglio quando si stava peggio?

Il Criminale Saddam
Le agenzie di stampa di tutto il mondo stanno pubblicando la notizia del ritrovamento a Hatra, nel Iraq del nord, di un nuovo “campo di sterminio” come lo definisce Greg Kehoe, avvocato incaricato dalla Casa Bianca, nella quale l’ex dittatore iracheno, ora accusato dalla comunità internazionale per crimini contro l’umanità, uccideva e seppelliva ordinatamente oppositori del regime e in particolare membri della minoranza curda. I corpi trovati, comprese donne incinte e bambini che ancora stringono nelle loro manine i loro giochi, fanno parte di operazioni di rastrellamenti eseguiti da uomini del regime nei paesi, vicini al questo luogo di violenza, nel periodo tra il 1987 e il 1988.
La tristezza della notizia, mi rende ancora più nervoso contro quella parte, purtroppo ancora troppo vasta, dell’opinione pubblica che ancora prova a difendere con l’appoggio della parte politica anti americana ed atlantica che ha supportato l’attacco e la destituzione di tale dittatore, che si può paragonare solo ai capi dei regimi orrendi del novecento quali Hitler, Stalin e Pol Pot e qualche presidente dell’Africa.
Manderei tali esponenti di partito e di movimenti “pacifisti” che raccolgono firme e organizzano manifestazioni a visitare tali luoghi, che dimostrano la follia criminale di colui che hanno difeso cosi caldamente in questi ultimi tempi.

Hypnos

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In aggiunta mi sento solo di citare l'ineffabile (nonchè onorevole...) Gruber, dalla trasmissione "primo piano" di qualche settimana fa. Le parole testuali sono state "prima della guerra l'iraq era un posto tranquillo, dove la gente viveva in pace". E riposava pure in pace, evidentemente. Come la dignità della nostra onorevole rappresentante a Bruxelles, peraltro.
- Hermes


martedì, ottobre 12, 2004

politica UE filo-israeliana???

[altro mio post dal forum "Noi e gli altri" del corriere.it, in risposta a un lettore che definiva la politica UE come troppo filo-israeliana]

Una breve replica, anche se la complessità dei temi richiederebbe ben altro.Per prima cosa: io non esento Israele dalle critiche, bensì dare una mia preferenza a una delle parti, preferisco un imperfetto ma democratico e, tutto sommato amico, Israele che non un'autorità palestinese i cui unici tratti salienti sono la corruzione e la sete di sangue. Razionalmente è solo una questione di male minore, a livello emotivo c'entra anche il fatto che gli "amici" palestinesi non si sono mai fatti scrupolo di colpire anche in Italia quando gli tornava comodo.Detto questo, il punto originale era se la politica europea fosse filo-israeliana o meno, e lì rimango fermamente convinto di quanto ho già asserito: a parole tutti filo-israeliani, in pratica abbiamo 4000 membri di organizzazioni terroristiche palestinesi che ricevono stipendi UE, ma anche una elite palestinese sempre più piena di conti in Svizzera mentre il loro popolo è nella miseria più totale, e questo a fronte della maggiore erogazione, da parte europea, pro-capite di aiuti economici nella storia.Era solo questo il senso del mio discorso: a parole tutti solidali con Israele, probabilmente a causa dei nostri scheletri nell'armadio degli ultimi secoli, ma nei fatti è per i palestinesi (e per -quali- palestinesi!!) che mettiamo la mano nella borsa. E credo che sia questo quello che conti, alla fine.Non suggerisco che dovremmo abbandonare i palestinesi al loro fato o schierarci incondizionatamente al lato di israele. Tutt'altro. Ma una posizione netta, e moralmente forte, al posto del mix di retorica politically correct e intrallazzi politici e economici (e tutte le zozzerie che ne conseguono) che adottiamo ora: questo non solo aiuterebbe il processo di pace, togliendo una sponda a chi, come Arafat o lo stesso Sharon, prosperano nel conflitto, ma rafforzerebbe anche la nostra autorità nei confronti dei paesi arabi. Insomma: che si definisca quale piano di pace è conforme ai nostri interessi europei e contemporaneamente accettabile dalle parti, e poi si subordini ogni tipo di aiuto o concessione commerciale all'accettazione di questo. Potrà sembrare ingenuo un riferimento al bastone e alla carota, ma alla fine è da sempre proprio questo il principio base della diplomazia (almeno di quella efficace). La carota da sola, e pure servita male, non serve a molto, sennò non saremmo ancora qui dopo 60 anni a parlare di palestina e israele... Saluti.

lunedì, ottobre 11, 2004

cercando il Saladino

Interessante articolo, da www.faithfreedom.org (link nel titolo)

Riporto solo una citazione perchè credo sia parecchio significativa:

“But those who study Islamic Holy War will understand why Islam wants to conquer the whole world. Those who know nothing of Islam pretend that Islam counsels against war. Those (who say this) are witless. “ [Coloro che studiano la guerra santa islamica capiranno perchè l'Islam vuole conquistare il mondo intero. Coloro che non sanno niente dell'Islam, diranno che l'Islam predica contro la guerra. Costoro (che dicono ciò) sono stolti]
-Ayatollah Khomeini

...e se non lo sa lui....

domenica, ottobre 10, 2004

Elezioni in Afghanistan (link)

Ogni tanto una buona notizia (link nel titolo).

sabato, ottobre 09, 2004

Occhio per Occhio

da "Il Foglio", sabato 9 Ottobre 2004. Sottoscrivo e ricopio: è un classico caso di "non avrei saputo esprimermi meglio".
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Occhio per occhio

Dopo Bigley: quand’è che ci decidiamo a impiccare Saddam Hussein?

E’vero che dopo l’antica è venuta la
nuova alleanza, è vero che ripugna
la sola idea di essere contaminati dai
mezzi usati da questo tipo di nemico, è
vero che il nemico bisogna amarlo mentre
lo si combatte, e solo se lo si combatta
è possibile riscattare l’inimicizia nell’amore,
ma la realtà politica va affrontata
per quello che è. Gli islamisti radicali
decapitano ritualmente gli “ostaggi
giusti”, mandano al loro e al nostro mondo
il messaggio della forza legale e profetica
del jihad decapitatore, noi ci dividiamo
tra chi resiste e chi paga riscatti,
tra chi cerca con fatica di concepire e
realizzare il contrattacco al terrorismo
islamista e chi ringrazia la resistenza
per i suoi buoni uffici resi agli “ostaggi
sbagliati”, quelli che salvano la testa in
cambio della promessa di leggere i volumi
rilegati del Corano. Loro fanno la
loro parte facendo esplodere i martiri e
martirizzando la gente che sale su un
bus, noi discutiamo se sia civile erigere
un muro di dissuasione in Israele, e le
nostre vecchie barbe sottilizzano ex
cathedra: è paragonabile un danno collaterale
in battaglia a un processo islamico
che commina la pena come per
Ken Bigley? Loro si prendono gioco di
noi, fanno il gatto islamico con il topo
francese, scrivono doppi comunicati come
Hamas, eccovi sedici morti civili freschi
freschi a Beersheba ed eccovi la richiesta
di rilascio di due giornalisti
ostaggi per sbaglio, ma noi stiamo lì a
domandarci se per isolare il terrorismo
nelle coscienze inconcusse dell’islam
moderato non sia il caso di rinunciare a
colpire gli sceicchi del terrore, i capi del
partito armato jihadista. Ma quando ci
decidiamo a impiccare Saddam Hussein?
Quando ci decidiamo a usare in
modo persuasivo quel linguaggio della
forza che invece ci limitiamo a balbettare,
trepidi e insicuri, paurosi di stabilire
quella radicale simmetria tra amico e
nemico che è sempre stata propria di
tutte le guerre, compresa quella che ci
ha dato la libertà di scrivere e parlare e
praticare culti diversi e integrare milioni
di musulmani in Europa e in America?
Quando ci decidiamo a far calare il
prezzo del petrolio imponendo una tassa
di guerra e un regime di austerità improntato
all’autonomia energetica dell’occidente?
Quando faremo entrare nell’era
della pubertà la nostra diplomazia
virginale e adolescente? Quando faremo
pagare il prezzo politico della divisione
a chi divide? O pensate che sia possibile
affrontare e vincere una guerra religiosa
e di civiltà con la mala educatión
di Pedro Almodóvar?

the adulterated truth is out there

i giornali riportano oggi che l'FBI ha sequestrato i server di indymedia. Da un lato sono contento, vista la qualità delle "notizie" che quel sito infame non perde occasione di propagare. Dall'altro mi viene da pensare: ecco nuova benzina per i conspiracy theorists.
Ma poi penso anche che alla fine alle cospirazioni certa gente ci crede comunque, quindi tanto vale...

mercoledì, ottobre 06, 2004

"I NUOVI OBBIETTIVI DEI TERRORISTI"

La notizia di oggi dell'autobomba esplosa all'ingresso della zona verde(il quartiere della capitale irachena dove si trovano le ambasciate, i comandi angloamericani, il governo provvisorio di Allawi). Dimostra che questi eroi della patria, come direbbero alcuni degli opinionisti italini, anti-occidentali, che definirei invece più adeguatamente ASSASSINI E TERRORISTI, stanno cambiando i loro obbiettivi, vedendo che attaccare direttamente le truppe della alleanza porta solo a ripercursioni e bombardamenti, ora preferiscono colpire i centri di reclutamento e di governo locale con lo scopo di impedire la costruzione di un apparato di sicurezza nazionale in Iraq e la realizzazione delle elezioni costituenti previste per la fine di gennaio 2005. Il loro obiettivo è conquistare l'egemonia presso gli sciiti e togliere consenso all'ayatollah Ali Sistani, il Papa di Najaf che ha già fatto sapere di voler vedere realizzate le prossime elezioni. In questo attacco sono stati registrati almeno 10 i morti e 76 feriti di cui nessuno sarebbe statunitense. Le vittime sono in gran parte reclute che stavano facendo la fila per arruolarsi. I loro racconti, riportati dalle agenzie di stampa, sono strazianti: «Sono stato spazzato via dalla detonazione », ha raccontato Mohammad Jassem, dalla corsia di ospedale dove si trova ora con fratture multiple. «Ero arrivato con 109 miei amici da Najaf per arruolarmi», racconta un altro ragazzo che cerca disperatamente i superstiti tra i suoi compagni.

---contributo di Hipnos---

sabato, ottobre 02, 2004

W la gloriosa resistenza irachena...

Riassumiamo in due righe quello che è successo ieri a Bagdad.
Strada del centro città, c'è l'inaugurazione di un nuovo sistema fognario: la gente del quartiere è lì per l'occasione, si festeggia. Ci sono soldati americani e poliziotti iracheni a gestire la sicurezza.
Bene, a questo punto i nostri gloriosi amici, quelli che regalano copie del corano e dolcetti a simpatiche ragazze italiane, che peraltro alla fine hanno rapito solo per errore, quelli che tengono le persone in gabbia quando non le sgozzano, per intenderci, ecco, loro, prima fanno scoppiare un autobomba, centrando in pieno un gruppo di bambini. Poi, con il solito rituale alla palestinese, provvedono a far esplodere altri due ordigni una volta giunti i soccorsi, così da massimizzare la carneficina. Decine di morti, tra cui 37 bambini.
Bisogna dire altro?

venerdì, ottobre 01, 2004

Capuozzo dixit

Ho deciso di riportare interamente anche se è un po' lungo.
Grande Capuozzo.
Il mio messaggio è: diffondete! Tutti dovrebbero leggerlo.
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Questo servizio è andato in onda in tarda serata nell’edizione di “Terra” di domenica 26 settembre, quando Simona Pari e Simona Torretta erano ancora ostaggio dei terroristi

Sono passati venti giorni, in un’altalena crudele di sgomento, di falsi comunicati, lunghi silenzi, precari sollievi. Due ragazze, che ormai tutti abbiamo imparato a conoscere, sono ancora perse e non sappiamo come stanno. Non sappiamo come vengano trattate, non sappiamo cosa pensino, come pensino a noi e a se stesse, non sappiamo cosa pensino prima di addormentarsi e che cosa sognino nella lunga notte. Non sappiamo nulla, se non che mancano da venti giorni. Sappiamo di noi stessi o crediamo di sapere. Ci siamo comportati bene, compunti come una scolaresca il giorno dell’esame: il governo ha fatto le sue mosse, l’opposizione ha fatto la sua parte, il presidente della Repubblica è stato come il padre di una famiglia meno rissosa del solito. I musulmani d’Italia hanno contribuito a dimostrare che con i permessi di soggiorno vengono distribuiti anche principi comuni, più forti di ogni multiculturalismo, o almeno il minimo sindacale: si liberino le due Simona.

E’ servito finora più a noi che a loro due. Certo non potevano mancare le analisi a buon mercato e l’esercizio estenuato delle ipotesi, il lavorio giornalistico ai fianchi delle famiglie con le postazioni sotto casa. L’ultima ricostruzione italiana del sequestro di cui abbiamo avuto notizia qui, sostiene che gli americani, arrivati sul luogo dopo pochi minuti, si sono guardati bene dall’inseguire i sequestratori, come a voler dimostrare ancora una volta la mano del perfido Allawi, del perfido Negroponte, e spacciare l’eterno teorema di Bush colpevole di tutto, della Cia dietro a ogni misfatto: sono loro i responsabili di tutto il male del mondo. Guardiamo da qui all’Italia come al nostro paese lontano, e a volte poco nostro, infagottato di correttezza politica e miopia. Metti un esempio banale: vediamo su un palazzo di Milano, ma immaginiamo anche altrove, le grandi foto delle due Simona. Tra molte hanno scelto proprio quelle in cui il capo è coperto dal velo, si chiede la loro liberazione mostrandole meno libere che in altre immagini. E’ vero, ci sono donne, e giornaliste, che si inchinano al rito con una civettuola sottomissione e persino esibiscono con gusto il dazio pagato, non al rispetto degli usi altrui, ma all’inciviltà dell’intolleranza. Le donne cristiane a Baghdad non portano il velo, hanno il coraggio difficile della diversità. Costa fatica guardare i fatti, terribili nella loro semplicità.

La morte di Enzo Baldoni è già stata dimenticata dai suoi stessi compagni di strada nella lezione feroce che impartì: siamo tutti colpevoli agli occhi del terrorismo. E nessuno si è mai chiesto quanti pacifisti, o magari solo persone per cui il baseball era tutto nella vita, morirono nelle Due Torri. Erano tutti colpevoli per Atta e bin Laden, erano tutti americani o servi della globalizzazione, per chi volle vedere in quel giorno non l’inizio di una guerra, ma la conseguenza cercata, magari non meritata in quella forma…ma comunque non è un problema nostro, chiamiamoci fuori. Guardiamo all’Italia da lontano, abbiamo scorto nelle manifestazioni le bandiere palestinesi, non il ritratto di Baldoni. E’ stato ucciso da un fuoco amico? E’ vero, tanti figli di mamme italiane portano con levità morale la kefiah, il fazzolettone bianco e rosso, o nero, e non sappiamo cosa pensino le loro mamme quando gliele lavano, e si accorgerebbero che è la stessa kefiah che copre il volto del boia se non fossero protette da chi certe cose non le mostra perché si fa il gioco del terrorismo. Meglio parlare d’altro. I fatti hanno il potere agli occhi degli onesti, di rovesciare i pregiudizi. Metti i colpi di mortaio contro la sede di “Un Ponte per …” la notte fra il 2 e il 3 settembre, quattro giorni prima del sequestro. Perché se ne parla poco, perché la dimenticano anche le ricostruzioni più accurate? Perché contrasta con le teorie del sequestro anomalo, dei servizi torbidi, o solo perché apre il capitolo delle responsabilità di chi non richiamò in patria le ragazze, qualcuno che avesse il coraggio di guardare in faccia la realtà, i fatti, gli avvertimenti, nel classico stile della guerriglia antiamericana e antirachena? E noi siamo invece un paese dei balocchi, illuso che la bontà dei singoli, o la loro correttezza politica sia un lasciapassare, un salvacondotto. Ci illudiamo noi europei che le lacrime di una vecchia madre inglese commuovano. No, gonfiano il petto dei boia di orgoglio, di soddisfazione per il lavoro ben fatto. Sono il bis gratuito del lamento di Kenneth Bigley davanti alla morte. Se lo conosceste il nemico, sapreste che il nostro pianto , nei casi migliori, viene considerato una redistribuzione del dolore: “Dopo le madri palestinesi e irachene, tocca a voi così provate”. Questo dicono.

Noi ci illudiamo che il mondo sia a nostra immagine e somiglianza, “piccoli principi” e piccole “Alice” che ogni tanto s’imbattono nell’orrore, e scambiano i loro pii desideri, che non sono altro che un ingenuo tentativo di schermarci dall’orrore, per la realtà. Noi ci abbeveriamo alla furbizia degli ulema: mentre uno di loro chiede di liberare le due Simona per non sporcare il volto della resistenza, l’altro, nello stesso giorno davanti ad Abu Ghraib, perde il suo tono mellifluo e invita la polizia irachena, il povero esercito iracheno, a ribellarsi agli americani. Avete mai sentito una parola, una sola parola forte, contro i sequestri, contro le decapitazioni, contro l’umiliazione dell’umanità? No, solo sfuggenti considerazioni di opportunità, d’immagine, distinzione tra le ragazze buone e Quattrocchi cattivo, e Baldoni è passato inosservato. Ecco dove l’islam nelle moschee manca di ribellione morale, perde lo scatto che separa i sofismi dall’indignazione. Ma noi, politicamente corretti, siamo capaci di passare sopra i sondaggi di al Jazeera, sopra le vendite record di cd con il meglio delle decapitazioni, sopra i nostri stessi principi, mendicando il sogno di un mondo migliore colorato come una bandiera di pace, ottimista e per bene. Noi che facciamo gli antropologi, intenti al girotondo attorno al buon selvaggio, e sussultiamo: “il vero islam non tratterebbe mai le donne così”. Certo, neanche il vero comunismo avrebbe mai partorito il gulag e Stalin, Pol Pot e la rivoluzione culturale, Milosevic e Castro. Chiedete a Zeynep Tugrul, l’ostaggio turco, chiedete a lei come è stata trattata. O scovate nella memoria distratta al ricordo dell’adultera palestinese trasformata in kamikaze, o chiedete quante irachene sono state uccise per aver lavorato come interpreti. Certo, non c’è nessuno in Italia che dica che il terrorismo non vada combattuto, ma chi vi dice come? Va combattuto nei nostri cuori, negli ordini del giorno dei consigli comunali, nelle fiaccolate?

A noi, qui, a noi che non amiamo le armi, e non solo amiamo la vita più che la morte, ma abbiamo molta paura della morte e vergogna della morte, quando siamo noi a infliggerla, sembra che almeno bisognerebbe stare ai fatti. Stare ai fatti che ci mostrano come l’islam nel suo insieme provi oggi un odio nei nostri confronti che lascia senza fiato chi è abituato agli odii da corteo, da stadio o da reality show. Va fronteggiato guardando in faccia la realtà. C’è una parte dell’islam che non ci odia per convenienza, oligarchie conservatrici, potentati economici. C’è una parte dell’islam che non ci odia perché spera di provare la democrazia e, senza perdere l’anima e la fede, prendere parte alla festa mobile la scia dei consumi, dei telefonini, dei master e delle olimpiadi. Cinquemila iracheni in divisa sono morti per poter votare un giorno e avere una briciola di quello che abbiamo noi. Ma noi dall’alto diciamo che Allawi è un burattino, l’elezioni una truffa, e in cuor nostro continuiamo a chiederci, e del resto lo fanno anche gli imperturbabili inglesi, “ma chi ce lo ha fatto fare?”. Nostalgici di un otto settembre sempre a portata di mano e sempre dalla parte giusta, o anche solo nostalgici dell’infanzia felice dell’andreottismo, amata da tutti, dei missili nelle corsie romane e degli assassini di Klinghoffer liberi. Come era bella la nostra condizione di paese della pizza e di Paolo Rossi, amati da tutti, inoffensivi e simpatici. Non c’era allora questa guerra sorda e sordida e potevano guardare allo specchio provando mille trucchi, beati di tanti volti diversi. Adesso lo specchio è rotto, infranto in mille pezzi, come una vetrata delle Twin Towers. Una parte del nostro paese, cerchiamo di essere sinceri con noi stessi, per favore, ha creduto fino all’altro giorno di essere risparmiata. Quattrocchi in fondo aveva il tesserino della coalizione, e aveva confessato in punto di morte, come si spettegolava in Italia, di essere un camerata. E la liberazione degli altri tre? Era in campagna elettorale. E i morti di Nassiriyah erano morti in divisa, e che al Zarqawi abbia lasciato degli orfani in Italia è stato un dettaglio dimenticato. Le anime belle del nostro paese che guardiamo da lontano, hanno discusso attorno al diritto di un politico, tanto esile quanto coraggioso, Piero Fassino, a prendere parte a una manifestazione romana dove, certo, oltraggiosamente si inneggiò alle cento Nassirya, e, certo inopportunamente, uno striscione inneggiava alla resistenza irachena. Se le anime belle del nostro paese avessero guardato negli occhi la realtà, avrebbero dovuto discutere del diritto di scappare da quella manifestazione, da quella sola parola d’ordine, da quel solo striscione. Non lo hanno fatto le anime belle, e adesso abbiamo elaborato in fretta il lutto per Enzo Baldoni, come se fosse stato uno sbaglio da dimenticare, un fatto che cozza contro una visione del mondo, un’eccezione deplorabile. Per seppellirlo, in attesa che si ricordino di restituire il corpo, abbiamo passato al microscopio il convoglio della Croce rossa, abbiamo setacciato lettere e sporcato il ricordo del buon autista Ghareb e non abbiamo avuto il coraggio di guardare all’unico fatto che conta, chi l’ha ucciso e perché.

Non illudiamoci, per favore, i terroristi non sono gruppi sparuti e invisibili, interi villaggi e città sono sotto il loro controllo e li circondano di consenso. E questo è il prodotto della sola guerra o ha a che vedere, piuttosto, con la storia politica, con i privilegi goduti dal “triangolo sunnita” sotto Saddam, ma anche con le idee che circolano nelle moschee, con un patrimonio di pensiero e di odio che sono merce comune? Certo contano anche gli sbagli della coalizione, dallo scioglimento dell’esercito alle difficoltà a bilanciare fermezza e mediazione, e contano perfino i limiti antropologici e culturali a maneggiare la diversità. Questo ha a che vedere con le vergogne di cui siamo stati capaci, Abu Grhaib, rispetto alle quali qui non vale la consolazione di averle scoperte noi, processate noi, di averle considerate una pugnalata di noi stessi a noi stessi. Questo ha a che vedere con la distanza di parte dell’Europa che ha preferito non sporcarsi le mani, non mettere i piedi nel fango, dopo che un altro aveva sparso l’acqua e pensa adesso di poter essere semplicemente un’Europa che guarda, perché finora le è riuscito bene. I disastri dei Balcani, risolti grossolanamente dagli Stati Uniti, ci hanno visto spettatori per cinque anni senza troppe complicazioni etiche. Stavolta è diverso perché questo campo di battaglia se vinto può aprire un circolo virtuoso, se perso diventerà contagio, diventerà un trampolino di lancio di al Qaida verso l’Europa. Questa palude, in cui i terroristi si muovono come rettili anfibi a loro agio, è teatro di una guerra sporca. Ogni volta che i comandi americani comunicano di aver centrato un covo a Fallujah, le telecamere ci mostrano donne e bambini, vittime inermi. I terroristi non hanno caserme, vivono in mezzo ai civili. La sequestrata turca, che lavorava per un giornale canadese, racconta che temeva anche i bambini nel covo in cui era tenuta prigioniera. Combatterli dal basso vorrebbe dire avere più uomini, più disponibilità a morire, più reparti iracheni, più rivolta morale degli abitanti. Non c’è nulla di tutto questo. A meno che non si aspetti il ritorno delle Nazioni Unite, che lasciarono a Baghdad uno degli uomini migliori, Viera de Mello, e predicano adesso da lontano. I massacri del Ruanda, della Somalia, di Srebrenica, Kofi Annan li vide da vicino , a braccia conserte e senza scrupoli legali. A meno che non si aspetti l’impossibile, non c’è altra via che aiutare gli iracheni a vincere se stessi, senza precipitare in una guerra civile e a misurarsi nelle elezioni possibili. Dicono del contingente italiano, che fortunatamente non fa notizia adesso, in questi giorni a Nassiriyah, che se ne sta in trincea. A noi risulta che abbia garantito le elezioni municipali a Nassiriyah, e che la linea del confronto fermo ma flessibile con i sottoproletari di Moqtada sia stato un fatto positivo, un piccolo aiuto: abbiamo fatto la nostra parte. Se qualcuno ha altre soluzioni, benvenuto. Ma non ci si inganni sulla natura del terrore, non ci si illuda sui suoi confini limitati o sulla sua influenza perfino culturale. Guardate questa fotografia (la fotografia di cui parla Capuozzo raffigura alcuni uomini in ginocchio legati e bendati, con alle spalle, in piedi, poliziotti incappucciati e armati) su un giornale iracheno: i poliziotti sono mascherati per evitare vendette, l’onda limacciosa dello stile dei sequestri arriva fino in commissariato. E se si mostra una gola tagliata, se si esibisce l’orrore che noi pensiamo destinato solo a noi, che cosa si semina nella società irachena? L’idea della forza crudele come idea della ragione trionfante, l’idea della carne nemica come uno scempio da esibire, la legittimazione dell’orrore. Nel primo giorno in cui questo cd è finito in vendita (cominciano a scorrere le sequenze tratte dal cd in cui sono state raccolte le immagini di una serie di decapitazioni e altre uccisioni avvenute negli ultimi mesi, ndr) nelle bancarelle di Baghdad, un solo venditore ne ha vendute 650 copie. Noi vogliamo che lo vediate mondato dalle sue scene peggiori, anche se tutto il resto, anche quello, è insopportabile. Vogliamo che lo guardiate sapendo che è quello che si conserva con gelosia in almeno 650 case di Baghdad, sì sono poche, anche se per un solo bancarellaro in un solo giorno di vendita, ma sono infinitamente di più delle case di coloro che manifestarono per le due Simona, che le pietose menzogne dei mezzi d’informazione italiani trasformarono in centinaia. Si guardi in quelle case le migliori decapitazioni della lunga estate irachena, le morti più spettacolari. Non guarderemo l’atto finale, insopportabile, empio, ma dobbiamo guardare il volto di chi sta per morire e udire le voci degli psicopatici che decidono la morte in nome di un dio, ma non hanno il coraggio di mostrarsi in volto.

C’è qualcuno che ha avuto il coraggio di chiamarla resistenza irachena, e resistenza in Italia ha un senso, un significato, anche al di fuori di ogni retorica. Ansar al Zawahiri: noi lo traduciamo i sostenitori di al Zawahiri, non i partigiani di al Zawahiri: E allora se proprio dovessimo usarla questa parola, dovremmo usarla a proposito dei volti che vediamo andare alla morte, volti dei condannati a morte di una resistenza all’odio, alla superbia, alla ferocia, volti di una resistenza a volte persino inconsapevole e sempre involontaria. Ma se c’è una traccia di umanità in questa guerra sta nelle lacrime di Bigley, sta nell’urlo disperato del sudcoreano, sta nella rassegnazione impaurita dei nepalesi, sta anche nei volti che ci sfuggono di centinaia di volontari che muoiono davanti ai centri di reclutamento. Cosa sono questi iracheni sconosciuti, i servi di Bush, i cosacchi dell’America? O non sono invece i segni muti di una disperata richiesta d’aiuto, di una caparbia voglia di normalità? Sono volti che il nostro paese di dietrologi farebbe bene a guardare in faccia, davanti, per capire dove sta il nazismo e dove la resistenza, e ricordarlo, e cercare di non perdere la bussola. E non perdere una guerra che è anche una guerra di valori, che potremo anche non combattere, ma che possiamo perdere comunque. Ecco la musica che penetra nelle orecchie come una nenia del terrore i simboli di “monoteismo e guerra santa” (Capuozzo si riferisce alla colonna sonora e al logo che accompagnano i video dei terroristi, e comincia a commentare le immagini delle esecuzioni, ndr). Eccola la tuta arancione di Nicholas Berg e quella sua dichiarazione di generalità che è l’aggrapparsi a tutto quello che resta, alla sola umanità possibile: mia madre si chiama Susanna, mio padre Michael, i miei due fratelli Sarah e David.

Eccolo il proclama: Abu Ghraib e Pakistan, e la condanna a morte. Eccole le urla del sudcoreano, “voglio vivere”, faceva l’interprete, “castigheremo le spie, per voi c’è solo la morte” dicono. L’orologio segna le 8,15 del mattino. Alle 8,22 il boia estrae il coltello. Eccolo l’ostaggio turco: “Vogliamo bene ai musulmani di tutto il mondo – dicono – ma voi insistete a lavorare con gli occupatori. Vi abbiamo risparmiato altre volte, adesso non più”. Gli danno una pacca sulla spalla, nella regia che lo avverte che adesso è il suo turno nelle ultime parole. E applicano il giudizio di dio sul camionista turco. Eccolo il bulgaro. “Taglieremo la testa a lui e aspetteremo ventiquattro ore per darvi il tempo di abbandonare l’Iraq, altrimenti taglieremo la testa anche al secondo”. Sentitelo il respiro affannoso del boia. Ventiquattro ore dopo il secondo bulgaro. Ecco l’egiziano accusato di essere una spia. Ed ecco i nepalesi venuti da un paese che non conta nulla sulla scena dei poteri del mondo, venuti a guadagnarsi due soldi. Ed eccolo il centro di accoglienza dell’orrore. La fatica della decapitazione spetterà a un solo boia. Per gli altri un colpo alla nuca. Eccoli i campi del silenzio che continuiamo a ignorare, che non illuminano veglie di preghiera, che non indignano, che non fanno appendere ai balconi del nostro paese lontano nessuna bandiera, che non trovano rivolta, rabbia, che scivolano distrattamente: uomini uccisi due volte. Sono questi i campi dell’orrore di questo nuovo secolo, campi su cui nessuno appoggia un fiore, né margherite né crisantemi, campi che non meritano fosse comuni.

Possiamo vergognarci per Abu Ghraib e Guantanamo, sono le case dei nostri sbagli, delle nostre debolezze. Ma questa è la casa dell’orrore e questo è il cd che raccoglie il meglio dell’orrore. E lo guardiamo con pensiero grato e fiero rivolto a Fabrizio Quattrocchi, che vi si sottrasse con uno scatto d’orgoglio. Adesso sappiamo perché non lo hanno fatto vedere. E forse possiamo pensare che anche Enzo Baldoni, alla fine, si è guadagnato con un gesto o una parola, o un sorriso o qualcosa che non sappiamo, il diritto a non entrare nel manifesto della morte su uomini indeboliti e persi come lo saremmo noi. Noi non vogliamo incitare all’odio, odiamo l’odio. Noi vogliamo che non si chiudano gli occhi, che non si parta dalle idee per spiegare il mondo, ma dai fatti per crearsi delle idee. E vogliamo che la voglia di pace, di tolleranza, di rispetto, di quieta diversità, si armi della conoscenza non delle illusioni, o peggio, dell’inganno. Perché non succeda, in questa Vermicino di tanti anni dopo, che i riflettori accesi sul pozzo illividiscano all’alba, lasciandoci amari, sorpresi, inermi, mentre le anime belle, sul campo sparso di caduti, spiegheranno ancora una volta di chi è la colpa. Invariabilmente nostra.