martedì, settembre 21, 2004

il peso delle parole

Il fondo di Olimpio del Corriere.it di oggi sugli ostaggi decapitati in Iraq commette una leggerezza (almeno spero sia tale) lessicale piuttosto grave, ma molto comune in questo periodo.
Parlando delle vittime di Al Zarqawi, in fondo all'articolo le definisce "collaborazionisti".
Ora, già definire collaborazionista un americano che lavora per una ditta degli Emirati in Iraq mi sembra un'acrobazia concettuale, ma il punto vero è un altro.
Collaborazionista è un termine con una forte accezione negativa. Il fatto che venga usato in, spero, buona fede per un poveraccio che era lì per lavorare ed è stato sgozzato come un vitello, dimostra a quale basso quota morale navighi il nostro giornalismo in queste che non sono piccole cose, ma parole, ossia l'essenza stessa della comunicazione.
E poi mi nasce una domanda: se sgozzassero una delle due Italiane, sarebbero "collaborazioniste" anche loro, o tale termine si riserva solo per Inglesi e Americani? Sono curioso...
Ecco tutto.

1 Comments:

At 12:12 AM, Blogger Hermes said...

Mi ero posto il problema, ma dopo un paio di riletture credo comunque di avere ragione. Non penso, beninteso, che sia una cosa intenzionale. Però, penso pure che a forza di praticare la fine arte della autodeprecazione (inteso verso tutto ciò che viene dalla propria cultura quando confrontato ad altre), vengano a galla anche fenomeni fastidiosi come questo. Non dico di ritornare ai Film Luce e alla propaganda di guerra, ma neanche buttarsi continuamente merda addosso mi sembra così edificante...

 

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